13
04
2020

Fiore!

Di Antonio Pellegrino

Sempi u solitu futuru, Gerry tra 20 anni vede sempre il solito futuro! Io lo conosco da sempre, forse è il primo pastore che ho conosciuto, Gerardo Esposito, figlio di cumpaPietro e cummaMaria ri Mastuangilu. È stato per molti anni anche il manovale di mio nonno, minavanu cauci, ovvero intonacavano case quando lo sport popolare era fare case. Quando ero piccolo, la sera, la mia casa si riempiva di gente, Gerry era uno di loro, un vicinato che conosceva l’intrattenimento senza il telecomando, che conosceva il vino solo dopo aver conosciuto la vigna e il pane non era mai un segreto. Gerry guida il motozappa ma non ha patente, e ancora uagliuni, non ha trovato moglie e non ha mai fatto la transumanza. La sua è una pastorizia stanziale, fatta delle pietre della Costa e dei campi delle Vaddi, di Sant’Unufrio, Santu Nicola, della Carcarula e di Vutimari. Il suo centro è la Mennula, ieri un avamposto per entrare a Caselle, oggi la periferia rurale più prossima al paese. La sua stalla non è una stalla o almeno non si chiama così. Le sue mucche non si spremono, i suoi formaggi non si mangiano, Gerry non trasforma. La sua carne però l’ho mangiata, i suoi vitelli qualche chianchiere prima li comprava e forse pure oggi qualcuno li compra. Io Gerry lo chiamo anche Fiore, un qualcosa che ha poco a che vedere con i petali e i colori. Fiore, cumpaFiore, è il soprannome di un commerciante di animali, un commerciante di ciucci, qualcuno che per noi quando gli affari non vanno bene diventa nu zingaru ra chiana. Gerry lo ha adottato come cavallo di battaglia, il suo tormentone che accompagna sempre con il sorriso. Così insieme ai versi e alle bestemmie, quando la lingua si fa sedimento e inizia il gioco, Gerry chiama gli altri Fiore! È cosi che io ho imparato a chiamarlo Fiore, per riflesso, per scambio, senza che questo diventi nu paranome e ho imparato pure che Fiore viene subito dopo compà! Gerry sa tutto di me ed io tutto di lui, mi ha visto crescere e fare tante cose. Lui è sempre là e da quando la calce non si impasta più con la sabbia e l’acqua con euforia non ha più lavorato. Ha combattuto anche contro il male, qualcuno a Rionero ha fatto bene il suo lavoro e Gerry è contento di essere tornato nel suo futuro. Gerry è un buono, un buon pastore, uno che non fa il formaggio, che chiama gli altri Fiore e che tra 20 anni sarà sempre presente, nel senso del tempo, del futuro che non cambia, di quel dolce profumo del c’era una volta un futuro.

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