Rosangela Addesso

Sono Rosangela Addesso, speleologa, laureata in Scienze Ambientali. Attualmente, sto svolgendo un Dottorato di Ricerca in Chimica, presso l’Università degli Studi di Salerno, con un progetto in ecologia applicata sul monitoraggio ambientale ipogeo e sulla gestione sostenibile del turismo speleologico. Oltre che per la ricerca, collaboro con la Fondazione MIdA per attività laboratoriali ed esperienziali di divulgazione ambientale e come comunicatore scientifico presso il Museo del Suolo e il geosito delle Grotte di Pertosa-Auletta. Negli ultimi anni, ho svolto diverse docenze e consulenze tecniche per progetti regionali, nazionali ed internazionali su tematiche ambientali, quali turismo, sviluppo locale sostenibile e politiche ambientali e, recentemente, ho avviato una collaborazione giornalistica con “La Nuova Ecologia”, storica rivista di Legambiente.

Dopo un’esperienza in Spagna e dopo aver macinato un po’ di chilometri, mi sono chiesta cosa volessi fare del mio futuro e, soprattutto, dove costruirlo. Non sopportavo l’idea di spendere le mie competenze in altri Paesi, piuttosto che nella mia terra. Ormai insofferente nel vedere il mio paese svuotarsi e le proprietà della mia famiglia abbandonate, ho deciso di non emigrare dopo un’offerta di lavoro molto allettante all’estero e mettere radici a casa mia, ad Auletta.
Ho conosciuto i ragazzi del Monte Frumentario qualche anno fa al Palio del Grano. Loro hanno completato l’opera di radicamento. Con mio padre, abbiamo rimesso in coltura quasi tre ettari di terreno, a grano. Tutto è partito da un esperimento, che, ben presto, è diventato ricerca e conoscenza delle mie origini. Ho scoperto che nonno Filucc’, il papà di mia madre, uomo molto religioso, dava un significato simbolico a tutti gli eventi della vita. La nascita di mio zio portò abbondanza di olio, l’arrivo di mia madre, abbondanza di grano. Ho conosciuto il luogo dove mia nonna Rusina, la mamma di mio padre, faceva l’aia con nonno Pascal, walano di Auletta. «Aveva i buoi più belli del paese», mi dice sempre.

Ho sentito l’energia che esiste nei legami arcaici con la terra, nei cuori aperti all’ascolto e alla lettura del nostro pianeta. Insomma, ho riconosciuto l’ecologia affettiva, quel legame viscerale tra gli esseri umani e il resto del mondo, vivente e non vivente. “U’ siml vai truvan l’atu siml”, “il simile cerca il simile”, è così che si dice al mio paese. Questo è quanto mi ha portato a far parte di questa comunità, che per me rappresenta una vera e propria speranza, un vento di cambiamento necessario in un momento storico cruciale, che riflette una profonda crisi esistenziale dell’umanità, ancor poco consapevole, se non miope ed incapace di guardare le cose nel loro insieme.

Il riscaldamento globale ha aperto gli occhi sull’esigenza di cambiare i nostri stili di vita e le nostre abitudini poco sostenibili, primo fra tutti l’attuale sistema produttivo alimentare, rivelatosi, ad oggi, fallimentare per gli elevati costi ambientali, sociali e sanitari, ed incapace di sfamare la crescente popolazione mondiale. Ma Gaia è forte e trova sempre un modo per autoregolarsi grazie all’omeostasi, che permette la condizione di equilibrio, ovvero la capacità di un sistema di assorbire le fluttuazioni provocate da un elemento perturbante, garantendone la stabilità. Questo principio è applicabile a qualsiasi livello di organizzazione, dal più semplice al più complesso, dall’atomo alla biosfera, anche alla società umana, come sistema complesso, fatto di forze sociali, economiche, politiche, che tentano continuamente di bilanciarsi.
Dunque, per me la resilienza rientra nelle dinamiche di riequilibrio di un sistema. È la capacità di affrontare un momento di crisi, di spaesamento, e trasformarlo in un arricchimento emozionale e cognitivo, in una crescita, in un cammino che possa ristabilire l’armonia con ciò che ci circonda, avviando una metamorfosi prima di tutto interiore, maturando un sentimento di amore per la Natura capace di venire incontro ai bisogni ecologici del nostro pianeta, e rievocando il concetto di cooperazione, di mutuo appoggio, primo strumento di progresso delle comunità. All’atto pratico, vuol dire ricercare ed avvalorare stili di vita alternativi sostenibili che ristabiliscano l’equilibrio di un sistema e che ci rimettano in connessione con tutto ciò che ci circonda, animato e non, promuovendo una visione ecocentrica, dove l’uomo non è sovrano, ma parte di un ecosistema e della vita che popola il nostro pianeta.

Sono l’ultima arrivata e la più giovane, con meno esperienza di tutti, soprattutto nelle dinamiche d’impresa. Intanto, avrò la mia farina, da grano coltivato a 50 m da casa mia e imparerò a fare il pane. Abbiamo intenzione di ampliare il piano colturale e stiamo valutando l’idea di trasformare le farine in prodotti da distribuire.
Grazie alle varie collaborazioni con il mondo accademico, abbiamo estratto il colore del sole, il giallo, dalla paglia e riutilizzato lo scarto della molitura per farne pittura naturale, insieme all’Associazione “I Colori del Mediterraneo”. Abbiamo inserito la Cooperativa nell’Atlante Italiano dell’Economia Circolare, un progetto promosso dal CDCA ed ECODOM, che ha creato una rete tra tutte le realtà economiche e associative che con le loro attività applicano i principi dell’economia circolare, messa a disposizione di tutti coloro che vogliono consumare responsabilmente.
Cercherò in tutti i modi di dare il mio contributo, scientifico e non solo. Due braccia in più servono sempre. A questo punto, come Castaneda insegna, mi chiedo: «Questa strada ha un cuore? Se ce l’ha, è una buona strada». Questa strada ha le radici della mia famiglia e il cuore di due instancabili donne di terra a cui mi ispiro costantemente, nonna Lidia e nonna Rosa.